martedì 31 marzo 2020

Riflessioni di un fine marzo

E' uno strano martedì di fine marzo. Si chiude questo mese di dolore, lacrime, preoccupazione intensa, smarrimento, sconforto che si alterna all'ottimismo, solidarietà e senso di unità nazionale, bandiere ai balconi e immagini forti che ci accompagneranno per il resto della vita.  Abbiamo affrontato il piccolo sacrificio che ci veniva chiesto con la speranza di vedere quei maledetti numeri scendere, ci sono state giornate terribili in cui tutto ci era sembrato vano e giornate meno negative in cui ci è stata presentata una curva meno ripida che però si è sempre comunque accompagnata alla conta di centinaia di morti. Abbiamo visto il papa farsi carico di tutto il nostro dolore e la nostra speranza e offrirli a Dio, perché ci perdoni la pretesa di vivere sani in un mondo malato e l'indifferenza verso le sofferenze altrui che non riuscivano a scuotere le nostre esistenze abitudinarie e affaccendate. 
Ci siamo stretti l'un l'altro, anche non potendoci sfiorare. Abbiamo fatto in modo di portare ogni giorno nella vita degli altri un sorriso, fosse solo con la condivisione di un meme. Ci siamo inventati qualsiasi cosa per permettere al tempo in casa di trascorrere nel modo più sereno possibile: abbiamo impastato, fatto ginnastica, letto, dormito, ascoltato musica in 8d, ci siamo scoperti pizzaioli, fornai, pasticcieri, musicisti, ballerini. Abbiamo imparato a fare i conti con una dispensa non sempre piena e stiamo dando fondo a tutti i vasetti di creme per il corpo e per il viso sugli scaffali del bagno. 
Di questo mese salvo le serate sul divano io e i miei ragazzi a vedere Harry Potter, salvo le tagliatelle che ha fatto Ludovica domenica mattina, salvo le telefonate con mia zia e mia suocera la sera per cercare di allegerire il peso della loro solitudine, salvo le schitarrate di Gabriele, salvo le scorte che mio marito aveva fatto a tempo debito e stoccato in garage subendo con pazienza la nostra ingiusta derisione, salvo gli sguardi sorridenti e solidali dietro le mascherine che ho incontrato ieri mattina al supermercato e in farmacia, salvo le videochiamate con gli amici, la tenerezza per il disegnino che il mio nipotino mi ha fatto recapitare, salvo la gonna estiva, a fiori e coloratissima, che mi sono cucita in un pomeriggio di pioggia, salvo gli sforzi dei professori dei miei figli che ormai sono di casa, perché seguo le loro lezioni mentre cucino o pulisco e a proposito di questo salvo il trenta che Ludy ha preso dopo due ore di esame, chiusa nello studio mentre noi attendevamo trepidanti in cucina. Salvo l'amore che riesce a colmare le distanze e l'affetto che può esprimersi anche senza abbracci fisici. 


domenica 8 marzo 2020

Cosa mi sta insegnando il coronavirus

Buona domenica!
E' tanto che non scrivo. Lo ammetto senza difficoltà: il momento che stiamo vivendo mi atterrisce. Sono una persona abbastanza serena e positiva e vedo sempre rosa anche laddove chiunque intorno a me è negativo. Ma questa faccenda del Coronavirus mi ha preoccupata da subito e ho sentito il bisogno di informarmi continuamente: telegiornali e speciali sui canali di informazione, storie di alcuni profili instagram come quello di Roberta Villa o La somma e il totale che si sono impegnati a fare chiarezza... Insomma tutto quello che potevo assorbire sull'argomento. Non mi sono fatta prendere dal panico, non ho comprato le mascherine, né ho cambiato più di tanto la mia spesa in fatto di detergenti e disinfettanti. Ho semplicemente gradualmente preso coscienza di una realtà seria che andava affrontata con cautela e responsabilità. Fin quando le scuole e le università sono state aperte i miei figli ci sono andati, ma ad esempio già da prima ho chiesto loro di non festeggiare il carnevale in piazza.  Le fasce d'età più sofferenti in questo momento, per me, sono due: oltre a quella degli anziani che abbiamo visto essere i più deboli rispetto a questo virus, c'è quella degli adolescenti-ragazzi che soffrono tantissimo a sottostare alle restrizioni del momento perché per loro l'evasione da casa, il raggruppamento, il contatto fisico sono un'esigenza fondamentale al pari di quella di nutrirsi. Da mamma, faccio fatica a ottenere la collaborazione di mio figlio diciassettenne su alcune cose, ma come noi mamme siamo abituate a fare, tengo duro perché ho la responsabilità verso gli altri membri più esposti della società e della mia famiglia, e cerco come posso di indorargli la pillola. 
Una cosa è certa: questa crisi mi sta insegnando tanto.
Mi ha insegnato che è bellissima la libertà. Stare in casa non mi pesa. Io adoro vivere la mia casa: mi basta un libro o il ricamo o l'uncinetto per essere felice. Ma il fatto di poter riporre tutto lì quando vuoi e di poter uscire e incontrarsi con gli amici in piazzetta o mangiare una pizza in compagnia o fare shopping al centro commerciale o andarmene a vedere un film al cinema è qualcosa a cui non avevo mai veramente pensato come ad un dono, come a una fortuna. E' invece è proprio così. Viaggiare, muoversi, girare per il mondo: che ricchezza sconfinata abbiamo sempre avuto tra le mani, senza rendercene conto. 
Mi ha insegnato che è bello poter toccare le persone, baciarle, abbracciarle. Sono salernitana e qui al sud il contatto fisico è una necessità della comunicazione. Ieri sera sono stata a casa di mio fratello e non ho dato neanche un bacino a mio nipote. Non solo: se lui si avvicinava troppo, io mi ritraevo. Ma vi rendete conto che pur essendo il mondo così grande, noi abbiamo da sempre scelto di vivere uno accanto all'altro? E adesso ci accorgiamo che nelle nostre città, per le nostre strade, nei negozi, negli uffici pubblici, nei cortili o nelle scale dei nostri condomini non c'è abbastanza spazio per vivere ad una distanza di quasi due metri l'uno dall'altro. Perché la distanza non ci è mai servita. A noi umani serve la vicinanza.
Quando tutto sarà finito, la nostra vita di sempre, fatta di libertà di movimento, di abbracci per strada, di feste e concerti, di baci ai nostri nipotini ci sembrerà il paradiso. Ecco la lezione più grande che ci darà questo dannato virus che sta mettendo in ginocchio il nostro paese e tutto il mondo. Abbiamo per le mani così tanta felicità che ci sembra normalità solo perché è sempre qui, alla nostra portata ogni giorno, ogni secondo di ogni giorno. 
Giuro che d'ora in poi me ne accorgerò!
Carmen